sabato 5 settembre 2020

50 anni fa moriva a Monza Jochen Rindt, campione del mondo alla memoria


Il 5 settembre 1970 è una giornata che è diventata tragicamente storica: nelle qualificazioni del sabato della vigilia del Gran Premio d’Italia a Monza moriva Jochen Rindt, che un mese dopo diventerà, oltre che il primo iridato austriaco di Formula 1, anche il primo, e finora unico (per fortuna) campione del mondo alla memoria.


Rindt era nato il 18 aprile 1942 a Magonza, in Germania, da padre tedesco e madre austriaca. Nel 1943 perse entrambi i genitori, che morirono sotto i terribili bombardamenti alleati di Amburgo, e fu affidato ai nonni materni, residenti a Graz, città austriaca capoluogo del Land della Stiria, dove il piccolo Jochen crebbe. Si appassionò alle corse automobilistiche e fin dalle categorie minori mise in mostra una guida coraggiosa e aggressiva che ha pochi eguali nella storia.


Esordì in Formula 1 molto giovane nel Gran Premio di casa del 1964 al volante di una Brabham motorizzata BRM della scuderia di Rob Walker. Dopo aver vinto nel 1965 la 24 ore di Le Mans alla guida di una Ferrari 250 LM, e mentre fa incetta di vittorie in Formula 2, comincia a prendersi qualche soddisfazione in Formula 1 nel 1966 conquistando due secondi e un terzo posto con una Cooper motorizzata Maserati sfiorando il successo in Belgio, sul vecchio, fantasmagorico e ultraveloce circuito di Spa-Francorchamps, e chiude terzo il campionato. Le due stagioni successive però sono difficili, nella seconda delle quali, con una Brabham con motore Repco, binomio che aveva vinto gli ultimi due mondiali, raccoglie solo due terzi posti, conquistando però le prime due delle sue dieci pole position in carriera.


Nel 1969 passa alla Lotus di Colin Chapman ma l’inizio del campionato è drammatico: nel Gran Premio di Spagna al Montjuich gli si stacca l’alettone posteriore, che aveva enormi dimensioni, e la vettura vola contro le barriere e si ribalta colpendo la vettura del suo compagno di squadra e iridato in carica Graham Hill, ferma a bordo pista perché aveva avuto la stessa identica rottura meccanica. Rindt miracolosamente se la cava con una lieve commozione cerebrale e la frattura del naso. Dopo questo incidente le dimensioni degli alettoni verranno regolamentate e notevolmente ridotte. Piano piano Jochen si riprende, è sempre velocissimo in qualificazione tanto da conquistare cinque pole position, e verso la fine della stagione è secondo a Monza, battuto di un soffio in volata dal suo grande amico Jackie Stewart, e terzo in Canada, poi finalmente coglie la prima vittoria a Watkins Glen, negli Stati Uniti, partendo dalla pole e stabilendo anche il giro più veloce. In campionato finisce al quarto posto.


Ma è il 1970 a proiettarlo definitivamente nell’Olimpo. Chapman ha un’arma letale, sia per gli avversari sia, come vedremo, per i suoi stessi piloti, da mettere in pista: è la Lotus 72, una monoposto rivoluzionaria a livello aerodinamico caratterizzata dalla parte anteriore che viene ribattezzata “a cuneo”. L’esordio della vettura in Spagna, a Jarama, è negativo, tanto che Rindt torna alla vecchia 49C, con la quale vince il Gran Premio di Monaco grazie a un incredibile errore del vecchio Jack Brabham, che quando è in testa ma insidiato dall’austriaco all'ultimo giro della corsa sbaglia la frenata e va a sbattere contro il guard-rail di quella che era allora l’ultima difficoltà del circuito di Montecarlo, la curva del gasometro. Due Gran Premi più tardi Rindt torna al volante della 72 che ora, nella sua ultimissima versione, la C, diventa imbattibile: vince quattro gare consecutive in Olanda, Francia, Gran Bretagna e Germania, e la serie si interrompe proprio a casa sua, in Austria, quando viene tradito dal motore in quello che diventerà, purtroppo, il suo ultimo Gran Premio, il 60°.


E si arriva a quel maledetto 5 settembre a Monza: sono da poco passate le 15,15 quando Rindt sta effettuando il quinto giro consecutivo della sua seconda giornata di qualificazioni per il Gran Premio d'Italia per cercare un tempo che lo porti nelle zone alte della griglia di partenza. Arriva alla staccata della Parabolica e la sua Lotus 72, quando Jochen tocca i freni, comincia a sbandare più volte a destra e a sinistra (ma alcuni testimoni dissero che queste sbandate non ci furono), infine, quasi all’entrata curva, punta dritto contro il guard-rail alla sua sinistra. L’impatto, a circa 240 all'ora, è devastante: la gomma anteriore sinistra si stacca, il musetto striscia impercettibilmente (a causa della velocità con cui accade tutto) contro la barriera, poi la gomma anteriore di destra si stacca a sua volta di netto finendo in una buca probabilmente scavata in precedenza dai tifosi sotto il guard-rail, la buca è in corrispondenza di un paletto di sostegno che fa da perno, l'avantreno si disintegra all'istante e la vettura senza controllo effettua numerosi testacoda nella sabbia all’esterno della curva dove alla fine si ferma. La scena che si presenta ai soccorritori è terrificante: Rindt è quasi disteso sul sedile e le sue gambe sono esposte, perché la scocca anteriore non c’è più. Nell’impatto si è fratturato il piede sinistro ma soprattutto ha subito una ferita mortale al torace causata dal piantone dello sterzo, contro cui Rindt va a sbattere, inoltre le cinture di sicurezza si rompono ferendolo al collo. Trasportato d’urgenza all’Ospedale Niguarda a Milano, non si poté far altro che accertarne il decesso. La causa dell’incidente è ancora incerta: una delle ipotesi più accreditate è che si sia spaccato l'albero che collega l'impianto frenante alle ruote anteriori facendo perdere completamente il controllo della vettura al pilota.


In occasione del Gran Premio di Gran Bretagna a Brands Hatch di un mese e mezzo prima, vinto nelle ultimissime battute ancora una volta ai danni di Brabham, rimasto senza benzina, Rindt dichiarò: “Quest’anno ho troppa fortuna, comincio a essere preoccupato”. Si rivelò una tragica profezia. Il 28enne austriaco, al momento della morte e con quattro gare ancora da disputare, aveva 20 punti di vantaggio su Brabham, 25 su Denny Hulme, che sulla sua McLaren assistette inorridito all’incidente in quanto subito alle spalle di Rindt e venendo anche sfiorato dalla gomma anteriore sinistra impazzita della Lotus, e 26 su Stewart e sul portacolori della Ferrari Jacky Ickx. Sarà quest’ultimo, già vincitore in Austria davanti al compagno di squadra Clay Regazzoni, a recuperare la maggior parte del distacco accumulato da lui e da tutti gli altri nei confronti di Rindt. Il belga primeggerà infatti anche in Canada e in Messico, sempre con il ticinese secondo, ma si ritirerà a Monza, dove a vincere per la prima volta in Formula 1 sarà proprio Regazzoni, 31 anni compiuti, guarda la coincidenza, proprio 24 ore prima e letteralmente portato in trionfo a fine corsa dai tifosi del Cavallino impazziti per la gioia e completamente dimentichi della tragedia del sabato. La gara che però assegnerà matematicamente a Rindt il titolo postumo sarà la penultima di quell’anno, il Gran Premio degli Stati Uniti del 4 ottobre a Watkins Glen, proprio dove Jochen aveva vinto la sua prima corsa iridata dodici mesi prima, e ancora una volta si tratterà di un primo successo in carriera: a trionfare sarà infatti quello che era diventato di fatto il sostituto di Rindt, il giovane brasiliano Emerson Fittipaldi. Ickx si dovrà accontentare del quarto posto e dopo la doppietta Ferrari in Messico Rindt risulterà vincitore del titolo con 5 punti su Ickx e 12 su Regazzoni. Una stagione tragica ma che andrà giustamente a premiare colui che nell'arco dell'anno era stato nettamente il più forte.

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