lunedì 12 luglio 2021

The Day After

Foto: Adnkronos

Alcune considerazioni sparse su una giornata che poteva essere ancora più epocale di quello che è stata, e per me lo è stata comunque, dato che per la prima volta ho visto un italiano in finale a Wimbledon e una vittoria della Nazionale di calcio agli Europei. Non a caso la data è l’11 luglio, lo stesso giorno della vittoria del Mundial ’82. Le mie considerazioni saranno molto terra-terra, al contrario di quelle che fanno certi grandi giornalisti tuttologi che un giorno scrivono che Mancini è stato imbrigliato tatticamente da Luis Enrique e poi, il giorno della vittoria, saltano sul carro del vincitore dicendo che ha fatto tutto alla perfezione.

Atto primo. Tutti hanno detto che Matteo Berrettini esce a testa alta dal torneo di Wimbledon e dalla finale. Verissimo, e dobbiamo solo dirgli grazie per essere stato il primo tennista di casa nostra, donne comprese, nella finale di un singolare del torneo più importante del mondo. Tuttavia a me più di un rimpianto dopo quel primo set vinto rimane. Avrei voluto vederlo più aggressivo nei game di risposta e negli scambi dal fondo, ma è chiaro che stava giocando con la macchina sparapalline più efficace e noiosa di tutta la storia del tennis e quindi non era per nulla facile. Più in generale però avrei voluto vederlo più cattivo agonisticamente, tanto più perché era alla sua prima finale e non aveva niente da perdere. Ecco, io continuo ad avere l’impressione che un esponente della nuova generazione di tennisti, che avrebbero già dovuto vincere qualcosa di molto importante (Thiem, vincitore a New York ma solo per un incredibile autogol di Djokovic, Tsitsipas, Zverev, Medvedev, Shapovalov, per non parlare di Kyrgios, ma qui si entra nel campo psicanalitico pesante) quando incontra uno dei tre più vincenti della storia del tennis (Federer, Nadal e Djokovic), sia sempre un po’ in soggezione. Cosa che fino a 20-30 anni fa non accadeva quando un giovane rampante incontrava uno dei più forti del mondo. Era un altro tennis, è vero, tecnicamente e soprattuto come preparazione fisica, e si arrivava più presto a vincere dei Major, ma forse per questo i fuoriclasse di una volta avevano la sfrontatezza che i tennisti di oggi, giovani ma non così giovani, non hanno. Purtroppo Berrettini non fa eccezione a questa regola che vale per i tennisti contemporanei e sinceramente non vedo nemmeno tutti quei margini di miglioramento che tutti sono convinti che ci saranno: merita di stare tra i primi del mondo ma comincerà a vincere, forse, quando Djokovic, Nadal e Federer (che di fatto si sta già preparando) appenderanno racchetta e scarpe al chiodo. Ma ovviamente spero di sbagliarmi.

Atto secondo. In un paese composto da 60 milioni di commissari tecnici della Nazionale italiana non ricordo un ct che li abbia messi tutti d’accordo come Roberto Mancini, neanche Bearzot, che fino al primo gol di Rossi in Italia-Brasile veniva massacrato da tutti, ma proprio da tutti. Il trionfo europeo è soprattutto del Mancio, che ha risollevato e ridato gioco a una Nazionale che tre anni fa sembrava morta e sepolta. Non ricordo che qualcuno si sia lamentato delle formazioni titolari che ha messo in campo o delle sostituzioni che ha fatto, forse perché tutti sapevano che chi giocava, o chi entrava dalla panchina, si sarebbe fatto trovare pronto e avrebbe contribuito alla causa, vedi Bernardeschi in occasione dei rigori contro la Spagna e l’Inghilterra. Mancini ha costruito una Nazionale unita come forse nessun’altra, la cui forza è quella del gruppo, non quella dei singoli: solo Donnarumma è un autentico fuoriclasse, e forse, ma solo forse, lo sono anche Federico Chiesa, Jorginho e Spinazzola, per il resto alzi la mano chi considera, per esempio, Bonucci e Chiellini superiori a Cannavaro e Nesta, per non parlare del confronto quasi imbarazzante con Baresi e, prima ancora, con Scirea. Mancini è lo stesso, ma ben pochi se lo ricordano, che ha riportato al titolo della Premier League il Manchester City dopo 44 anni di digiuno, anche se da qualche anno sembra che a vincere il campionato inglese tra gli allenatori italiani sia stato solo Claudio Ranieri e non anche Ancelotti e Mancini prima di lui e dopo di lui Conte, solo perché per un anno, e solo per un anno, gli è andato tutto bene con una squadra di scappati di casa. Non amo autocitarmi, e non ho nemmeno le doti divinatorie dei grandi giornalisti tuttologi fini analisti di cui sopra, ma dalle storie che ho pubblicato subito dopo le prime partite di questi Europei contro la Turchia e contro la Svizzera e che potete leggere in fondo a questo post avevo intuito, pur non sbilanciandomi in pronostici, che questa Nazionale poteva andare molto lontano, più lontano ancora di quella dei Mondiali di Italia 90, che rimaneva per me l'ultima grande nazionale che abbia visto prima di questa. Sono contento, per una volta, di averci indovinato.

P.S.: e ora i Giochi di Tokyo, che spero siano un’altra grande avventura per lo sport italiano.


venerdì 1 gennaio 2021

Il 2020 annus horribilis? Per me c'è stato di peggio...

Cercherò di essere sintetico e di raccontare solo le cose positive tra le tante negative che ci sono state nell’anno che se n’è appena andato e che tutti In Italia, chi più chi meno, abbiamo dovuto sopportare, molta gente piangendo anche la morte di persone care. Perché il 2020 non è stato un annus così horribilis per me: per esempio il 2018 e i primi undici mesi del 2019 sono stati molto peggiori, per non parlare del 2016, il peggiore di tutta la mia vita. Nel 2020 c’è stato il lockdown ma io è dal 2013 che lavoro da casa, quindi posso dire di esserne stato un precursore seriale. Nel 2020 ho imparato a stare vicino, anche se da lontano, a chi mi merita e a chi mi stima e mi vuole bene, persone che già sapevo amiche e persone che ho conosciuto meglio o che ho ritrovato, ma anche a stare lontano da chi non ha fatto altro che farmi la guerra anche quando, da ingenuo quale sono, non lo sapevo, o da chi, semplicemente, mi diceva che ero bravo ma in realtà non gliene fregava niente di me. Nel 2020 ho cercato di liberare la mia anima dai fantasmi che l’hanno sempre popolata: non è un processo facile, perché sono un pessimista naturale, ma diciamo che negli ultimi tredici mesi la mia autostima ha provato a crescere dentro di me, proprio io che l’ho sempre combattuta, ed è cresciuta ulteriormente nell’ultimo mese. Come ho già detto a Natale, ora sono più sereno, e non improvvisamente da oggi o da una settimana o da un mese, ma mi accorgo di esserlo diventato gradualmente, appunto, da un anno o poco più. E ora mi sto perfino quasi convincendo che chi semina odio o chi si crede dio in terra raccoglie tempesta, mentre chi si fa un mazzo tanto restando sempre sull’orlo del precipizio senza avere la minima certezza di potersi salvare dalla caduta alla fine forse può venire premiato. Auguro a me stesso che il 2021 rinsaldi in me questa convinzione e mi auguro anche, oltre che di continuare a riuscire a convivere coi miei acciacchi fisici, in parte dovuti al problema che avevo fino a poco più di due anni fa (e chi mi conosce sa di cosa sto parlando), di poter tornare a vedere le facce amiche di sempre che l’anno appena concluso mi ha negato, comprese quelle di quasi tutti i miei familiari, e di rivedere anche i luoghi a me cari, come il mio paesello, che nel 2020 per la prima volta dopo quasi 50 anni non sono riuscito a vedere neanche per un solo giorno. Buon 2021 a tutti.