giovedì 1 febbraio 2024

Perché Hamilton alla Ferrari è solo marketing (ma spero di essere smentito)


Manca solo l'ufficialità ma ormai è quasi certo: Lewis Hamilton guiderà una Ferrari nel 2025, quando avrà compiuto 40 anni, che comunque è un'età nella quale un pilota può fare ancora bene, al fianco di Charles Leclerc, che ne ha 12 di meno. Ecco le ragioni per le quali secondo me è più un'operazione di marketing molto ben studiata per la Formula 1 e per la Ferrari e non un vero e proprio colpo di mercato.

1) Attualmente la Ferrari è, nella migliore delle ipotesi, la seconda forza del mondiale ma ad anni luce di distanza dalla Red Bull e mi sembra difficile che il gap venga interamente colmato, con le stesse regole vigenti oggi, non dico già dal prossimo mese ma nel corso di tutto il 2024. Chi glielo fa fare a Hamilton, a parte la montagna di soldi che sicuramente guadagnerà, di andare a correre a 40 anni per una scuderia che attualmente non dà le garanzie tecniche né a lui né a Leclerc di poter lottare per il titolo tra un anno? Ma ovviamente spero di sbagliarmi e spero che queste garanzie tecniche siano state assicurate.

2) Leclerc si troverà di fianco un pilota fortissimo, per molti versi leggendario, ma soprattutto ingombrante, che nel corso della sua carriera ha avuto attriti, per usare un eufemismo, in certi casi anche gravi, con molti dei compagni di squadra con cui ha corso, per i quali in pista non ha mai avuto il minimo occhio di riguardo, e che ha sempre preteso che il team per il quale correva fosse interamente ai suoi piedi. Quando non è stato così, botte da orbi. Per averne una conferma, citofonare a casa di Fernando Alonso o di Nico Rosberg. Un ulteriore ostacolo, insomma, verso il percorso di crescita di Leclerc.

3) Il grande sacrificato della Ferrari, Carlos Sainz, dato per mesi dai grandi media a un passo dal prolungamento del contratto, che invece è stato rinnovato solo per Leclerc, vivrà un intero anno da separato in casa, con chissà quale conseguenze sui rapporti con la squadra e sul comportamento in pista. Hamilton vivrà la stessa atmosfera in Mercedes ma con ben altro stato d'animo, visto che lui sette titoli mondiali se li è portati a casa.

Ci guadagnano invece la casa di Maranello, malgrado il probabile cospicuo esborso di quattrini, e Liberty Media, la società padrona della Formula 1: entrambe, con questa grande operazione di marketing, vedono la loro visibilità schizzare alle stelle quando manca ancora un mese all'inizio del Mondiale 2024, guarda caso dopo due anni di crollo di interesse per la massima categoria automobilistica non tanto di spettatori dal vivo ma da casa, in tv e soprattutto sui social.

Infine, credo che abbia ragione Roberto Chinchero quando scrive e dice che per Hamilton il 2025 in Ferrari sarà una sorta di "The Last Dance". Con la differenza che se i Bulls del 1997-1998 erano una squadra ancora molto vincente, e infatti vinse, che si apprestava all'"ultimo ballo" in NBA, dubito che la stessa cosa si potrà dire per la Ferrari dell'anno prossimo.

Insomma, cara Ferrari, per dirla con il buon Carlo Vanzini, non solo adesso bisogna "dare una macchina" a Charles Leclerc, ma anche a Lewis Hamilton. Sperando, naturalmente, che i due non entrino in conflitto, come sempre succede tra compagni di squadra entrambi vogliosi di primeggiare a qualunque costo.

Foto: Getty Images

giovedì 11 gennaio 2024

Rob Walker Racing Team: la scuderia privata che diede il primo successo in Formula 1 alla Lotus


Il 29 maggio 1960 fu un giorno storico per la Lotus: la “Ferrari d’Inghilterra”, come venne in seguito chiamata, grazie a Stirling Moss vinse il primo Gran Premio iridato di Formula 1 della sua storia. Ma il fuoriclasse inglese, il pilota più forte a non aver mai vinto il titolo mondiale, non lo fece con una delle vetture della squadra ufficiale fondata e diretta da Colin Chapman, le Lotus 18 di Innes Ireland, Alan Stacey e John Surtees, bensì con una vettura dello stesso modello ma appartenente al Rob Walker Racing Team, che l’aveva acquistata dalla casa madre.

Ebbene sì, allora c’erano scuderie private, non ufficiali e non costruttrici, che acquistavano vetture complete di telaio e motore da chi le produceva, che è poi, con le debite differenze, tenendo conto che sono passate decine di anni, quello che succede oggi in MotoGP, dove tutte le grandi marche, su tutte la Ducati, hanno team satelliti. Tutto questo in Formula 1 non accade più e una delle ultime scuderie private, che non corse mai con vetture costruite da sé, e che fu anche quella di maggior successo, fu proprio quella di proprietà di Rob Walker, discendente del fondatore della celeberrima marca di whisky Johnnie Walker.

Nato nel 1917, Rob Walker cominciò a far correre vetture da lui acquistate già prima della seconda guerra mondiale, e nel dopoguerra, con la sua scuderia ormai ufficialmente fondata, scese in pista addirittura alla 24 ore di Le Mans del 1949, con una Delahaye guidata da Tony Rolt e Guy Jason-Henry. Il 18 luglio 1953 fece il suo esordio nel mondiale di Formula 1, dopo aver partecipato a numerose gare fuori campionato, e lo fece nel Gran Premio di Gran Bretagna a Silverstone con Rolt al volante di una Connaught A di colore blu, che diventerà caratteristico della scuderia, e di Formula 2: quell’anno, e anche l’anno precedente, la massima categoria automobilistica prevedeva l’utilizzo di vetture di quella cadetta. Rolt si ritirò a meno di 20 giri dalla fine quando era sesto per problemi alla trasmissione.

Negli anni successivi la scuderia fece sporadiche apparizioni nei Gran Premi iridati di casa e molte invece nelle gare fuori campionato, ma colse anche due successi in gare della Formula 2 britannica nel 1956 e 1957 con Tony Brooks, che pilotava una Cooper T41 a motore Climax posteriore. E fu proprio con l’evoluzione di questa vettura, la T43, pensata apposta per la Formula 1 dalla casa madre, che Rob Walker cominciò a fare le cose in grande. Per il 1958 ingaggiò due piloti come il francese Maurice Trintignant e Moss, ma quest’ultimo solo quando non doveva correre con il suo team ufficiale, la Vanwall, con cui quell’anno giunse per la quarta volta consecutiva secondo nel mondiale.

Il 1958 Moss lo iniziò però con la Cooper di Rob Walker al Gran Premio d’Argentina, il 19 gennaio, e vinse clamorosamente la gara pur con un mezzo nettamente meno potente ma molto più leggero, quindi più maneggevole e meno “cattivo” con le gomme, delle altre nove vetture in gara (sì, in griglia ci furono solo dieci vetture, record storico minimo per la Formula 1), che erano tutte italiane: due Ferrari e ben sette Maserati. Il trionfo si ripeté il successivo 18 maggio a Monaco, stavolta con Trintignant, e con la presenza dei team inglesi BRM e Vanwall: per quest'ultimo era tornato a correre Moss.

Il resto dell’annata non andò ugualmente bene, ma nel 1959 Trintignant venne affiancato a tempo quasi pieno da Moss, che pur perseguitato dalla sfortuna come suo solito, si classificò terzo nel mondiale e vinse due Gran Premi, in Portogallo e a Monza, con la Cooper T51, lo stesso modello della squadra ufficiale e pilotata da Jack Brabham, che vinse il titolo mondiale (e si ripeté l’anno successivo), Bruce McLaren e Masten Gregory).

Nel 1960 Walker, dopo il Gran Premio d’Argentina in cui gareggia per l’ultima volta con la Cooper, per la gara successiva, quella di Monaco, di cui parlavamo all’inizio, sceglie una Lotus 18 a motore Climax posteriore da affidare al solo Moss, visto che Trintignant è rimasto fedele alla Cooper ma è passato alla categoria Centro-Sud. Ed è qui che il pilota inglese e Walker fanno la storia portando per la prima volta alla vittoria il marchio di Chapman con una vettura privata, ripetendo quello che avevano già fatto due anni prima con la Cooper!

Moss vincerà altri tre Gran Premi con la scuderia Walker, finendo altre due volte consecutive terzo nel mondiale: nel 1960 negli Stati Uniti, dopo essersi ripreso da un terribile incidente nelle prove del Gran Premio del Belgio sul circuito di Spa-Francorchamps versione di 14 km, e nel 1961 ancora a Montecarlo e in Germania, sul Nordschleife, con l’evoluzione della vettura dell’anno prima, la 18/21, con cilindrata scesa da 2500 a 1500 cc, come prevedevano i nuovi regolamenti. Purtroppo un incidente ancora più terribile di quello di Spa, il lunedì di Pasqua del 1962 a Goodwood al volante sempre di una Lotus ma della British Racing Partnership, porrà fine alla carriera del fuoriclasse inglese.

Walker rimase così senza il suo grande pilota: nel 1962 tornò Trintignant, con una Lotus 24, nel 1963 ci fu lo svedese Jo Bonnier con una Cooper T66, con cui lo scandinavo correrà anche la prima gara del 1964 a Montecarlo. Poi Walker scelse due modelli della Brabham, la BT11 motorizzata BRM e la BT7 motorizzata Climax affidate a Bonnier e, più sporadicamente, in qualità di wild-card locali, al’austriaco Jochen Rindt e allo statunitense Hap Sharp, mentre in Germania, ancora con la Cooper, aveva corso il pilota locale Edgar Barth. Ma è nel Gran Premio degli Stati Uniti che per Walker comincia il lungo sodalizio con Jo Siffert.

Al suo debutto con la scuderia Siffert è terzo a Watkins Glen e Walker lo affianca subito a Bonnier per la stagione 1965. Le vetture sono le stesse Brabham dell’anno prima e i risultati sono modesti, per cui nel 1966 lo svedese se ne va e Walker, dopo la gara di Montecarlo ancora con la Brabham, affida a Siffert una Cooper T81 con motore Maserati, ma i risultati non cambiano. Stessa solfa nel 1967, pertanto nel 1968, dopo il Gran Premio di Capodanno in Sudafrica, si torna alla Lotus, e che Lotus: la 49, che l'anno precedente era stata la prima F1 in assoluto con il leggendario motore Ford Cosworth DFV 8 cilindri, e poi la sua evoluzione 49B, con la quale Siffert vince il Gran Premio di Gran Bretagna a Brands Hatch, suo primo successo in Formula 1 e nono e ultimo trionfo iridato per la scuderia di Rob Walker.

A tutt’oggi, se non si vuole considerare tale quello di Ken Tyrrell prima in partnership inizialmente con la Matra, con cui vinse addirittura un titolo mondiale grazie a Jackie Stewart, e poi con la March, quindi con vetture non costruite da sé prima di mettere in pista la propria, quello di Walker è l’unico team privato vincitore di gare della massima categoria automobilistica senza essere mai stato un costruttore né un motorista. La scuderia andrà avanti ancora per due anni sempre con la Lotus, nel 1969 ancora con Siffert che arriverà terzo a Monaco e secondo in Olanda, e nel 1970, dopo che lo svizzero è passato alla neonata March, con Graham Hill. L’inglese era stato scaricato dalla casa madre di Chapman, che non credeva più in lui dopo un tremendo incidente a Watkins Glen, nel Gran Premio degli Stati Uniti, verso la fine del 1969.

Walker gli darà fiducia ma il “baffo volante” due volte campione del mondo non far meglio di un quarto posto a inizio stagione in Spagna, dimostrando comunque di poter essere ancora competitivo. Rob però a fine stagione chiuse i battenti dopo 119 Gran Premi disputati nel mondiale ma portò il suo sponsor personale, la “Brooke Bond Oxo”, sulla Surtees per le stagioni dal 1971 al 1973, e infine, nel 1975, prima di lasciare definitivamente il motorsport, sosterrà il team Custom Made di Harry Stiller, che metterà in pista una Hesketh 308 guidata dal debuttante Alan Jones uguale a quella del team ufficiale dell’eccentrico miliardario inglese Lord Alexander Hesketh e pilotata con ottimi risultati da James Hunt. Jones poi se ne andrà alla Embassy Hill mettendo fine all’avventura in Formula 1 del team di Stiller e anche di Walker, che morirà nel 2002 al termine di 85 anni di vita romanzesca.