lunedì 18 novembre 2019

Formula zero



Con l’incidente tra Charles Leclerc e Sebastian Vettel nel Gran Premio del Brasile la Ferrari ha toccato il punto più basso di tutta la sua stagione, e forse anche di qualcuna delle precedenti. Basterebbe il titolo della Rosea di oggi per definire quanto avvenuto: "LA PIRLATA". Lasciamo stare di chi sia la colpa della collisione, anche se chi non ha occhi ricoperti di prosciutto oppure occhi da tifoso ma che invece possono vedere perfettamente quello che è successo noterà che Vettel ha tentato un sorpasso, peraltro praticamente riuscito, in un punto quasi impossibile, ossia all’esterno della curva 3 del circuito di Interlagos dopo averne subito uno pulitissimo da Leclerc alla curva 1. A quel punto il tedesco ha tentato di tornare nella traiettoria ideale piegando a sinistra verso il monegasco ben prima di essere quasi completamente davanti, quindi quando i due erano ancora affiancati. Leclerc è rimasto dritto, sulla stessa traiettoria di Alexander Albon che lo precedeva poco lontano da lui, poi è stato spostato verso sinistra dalla manovra di Vettel ma non ha cambiato la sua traiettoria abbastanza da evitare la collisione. Ma ripetiamo, lasciamo stare di chi è la colpa: del resto la giuria pilatesca lo ha catalogato con la formula altrettanto pilatesca di “incidente di gara”, una cosa inaccettabile per un contatto a quella velocità. Meglio anche non entrare nel merito del fatto che la gomma posteriore sinistra di Vettel e la anteriore destra di Leclerc sono letteralmente esplose nel contatto: le cause di questo incredibile cedimento cercherà di capirlo chi di dovere. Quello che importa è che i due piloti della Rossa sono stati gestiti in maniera pessima: fin dall’inizio Leclerc non ha mai accettato di fare da vittima sacrificale a Vettel e lo ha già dimostrato alla seconda gara in Bahrein surclassando il più blasonato compagno di squadra e mancando la vittoria solo per mera sfortuna. Allora perché non dare gara libera fin dal primo Gran Premio, come faceva il Drake, come ha fatto la Mercedes in questi anni con Lewis Hamilton e Nico Rosberg rischiando di perdere dei mondiali, e come non ha più fatto la Ferrari dalla morte del Grande Vecchio in avanti, in particolare da quando al timone arrivò Luca di Montezemolo? Ecco perché per trovare la vera Formula 1 bisogna tornare indietro di almeno 25 anni, se non di 30 o di 35, o addirittura di 40: gli anni settanta, quando le monoposto competitive non erano solo una o due o tre come oggi ma in alcuni momenti anche sette o otto, quindi chiunque poteva conquistare un “successo di tappa” e gli ordini di scuderia, salvo rare eccezioni, si davano solo nella parte finale della stagione, per tutelare il pilota che all’interno di un team era davanti in classifica, e certe volte nemmeno quello bastava. Qualcuno ha scritto che questa non è formula noia: se ci si basa su incidenti come quelli tra le Rosse o tra Hamilton e Albon è vero, ma è la formula dove vince solo chi ha più budget e non chi ha più fantasia, vince chi ha la monoposto migliore e se qualcuno è un grande pilota ma è costretto a guidare un camion, vedi Fernando Alonso sulla McLaren degli ultimi anni, il mondiale non lo può mai vincere. Per non parlare dei sorpassi: se qualche anno fa non fosse stato introdotto il DRS sarebbero estinti, mentre i fuoriclasse degli anni settanta sorpassavano con vetture venti volte più inguidabili di quelle di oggi e che oltretutto erano delle bare ambulanti che viaggiavano su circuiti estremamente difficili e pericolosi, non come quelli di oggi costruiti al computer. I piloti di allora erano degli eroi che si battevano per avere più sicurezza in corsa ma allo stesso tempo rischiavano la vita in ogni curva, quelli di oggi sono delle macchine da soldi che se subiscono un piccolo danno si rompono immediatamente. C’è una povertà di talenti sconcertante: al contrario di 45-50 anni fa, quando non bastavano due mani per contarli, quelli di adesso si contano sulle dita, e almeno un dito avanza pure. Con un fuoriclasse come Hamilton si sa con largo anticipo come vanno a finire le cose: al contrario di alcuni che vengono appaiati al suo stesso livello lui non sbagliava da tempo immemorabile, lo ha fatto ieri speronando Albon quando la partita per il titolo mondiale era già finita da tempo. Per carità, ieri sono andati sul podio due che non ci erano mai saliti, come Pierre Gasly e Carlos Sainz, ma si tratta di un’eccezione, mentre una volta lo era molto di meno. In più, ci sono dirigenti di team inadeguati la cui gestione porta a situazioni di tensione come quella che c’è stata quest’anno tra Leclerc e Vettel e che ieri ha portato alla definitiva deflagrazione. Per non parlare dei grandi capi, che continuano a cercare nazioni altamente improbabili per la disputa di un Gran Premio, come avverrà con il Vietnam per l’anno prossimo, unicamente per cercare di raccattare milioni di dollari, invece che tutelare i luoghi storici dell’automobilismo, come Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania, una moda che con l’estromissione di Bernie Ecclestone si sperava che si estinguesse: l’anno prossimo invece verrà raggiunta la quota record di 22 Gran Premi. No, questa non è formula noia, è molto peggio. E’ formula zero. Come zero sorprese, fino a ieri. O zero neuroni, ancora prima di ieri.

Foto: Instagram F1